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Scienza delle mie brame - prima parte

Frankenstein, il celeberrimo romanzo di Mary Shelley, ci rimanda un'idea dello scienziato quanto meno inquietante. Dal libro, infatti, emerge una visione della scienza che ha avuto notevole successo e che è diventata una vera e propria rappresentazione sociale, fonte di ispirazione per romanzieri e successivamente per cineasti e autori televisivi.
L'idea di base che scaturisce dall'opera della scrittrice britannica sarebbe questa: lo scienziato vuole conoscere i segreti della Natura per manipolarla a proprio piacimento, quasi come se volesse sostituirsi a Dio; in particolare, lo scienziato vorrebbe sconfiggere la morte e la sofferenza. Il problema della percezione dello scienziato, che possiamo associare alla suddetta visione, è dunque legato al timore che esso si faccia concupire dal delirio di onnipotenza. Questa concezione, come accennavo più sopra, grazie alla letteratura e al cinema, ha fatto breccia nell'immaginario collettivo; è diventata un cliché e un modello iconico.

Il volto trasfigurato di Boris Karloff, che interpreta la Cosa nel film del 1931, è esso stesso divenuto iconico. Ma non è tutto. Nell'immaginario collettivo, il Mostro del leggendario film ha cominciato da subito a coincidere con Frankenstein (che in realtà è lo scienziato), in una sorta di metonimia istintiva o di fusione inconscia: la creatura che si fonde col creatore e, reciprocamente, il creatore che si fonde con la creatura. Come a dire che il mostro e lo scienziato sono la stessa cosa.

Il topos dello scienziato pazzo, dunque, è entrato a far parte dell'inconscio collettivo (per dirla con Jung). La gente che non opera in campo scientifico resta comunque diffidente nei confronti degli scienziati: può ammirarli, ma in quel sentimento di ammirazione cova pur sempre il timore. Questo fenomeno psicologico è legato a quello stato emotivo più ampio e sfaccettato che riguarda il timore dell'ignoto. Non a caso l'ignoto ci affascina e ci impaurisce nello stesso tempo. Infatti, l'icona di Frankenstein non fa altro che installarsi in un archetipo preesistente, che riguarda la Conoscenza come fonte suprema di Potere. Chi detiene le chiavi della Conoscenza detiene le chiavi del Potere. Nella Bibbia l'albero della conoscenza del Bene e del Male è costato a Eva e Adamo il Paradiso terrestre. Ecco che si palesa nelle più antiche narrazioni la percezione di questo desiderio iniquo dell'umanità: conoscere i segreti della Natura e del Mondo per sostituirsi a Dio. (Lo stesso Prometeo della mitologia greca, che ruba il fuoco a Zeus per donarlo agli umani e trasformarli quindi in esseri tecnologici, è partecipe dello stesso topos; d'altronde, il sottotitolo di Frankenstein è Il novello Prometeo).

La conoscenza ha sempre un valore iniziatico. Anche oggi una tesi di laurea, di master o di dottorato rappresentano il rito di passaggio che sancisce l'acquisizione di un titolo che ha qualcosa di mistico e misterico: "Ora fai parte di una cerchia di Sapienti, sei custode e promotore della Conoscenza". Le cerimonie accademiche, con i loro rituali che affondano le radici quanto meno nell'Europa tardo medievale, sono testimoni del valore iniziatico della conoscenza.

In verità, già nell'antichità greca, quindi ben prima della nascita delle università e della scienza moderna, le scuole dei filosofi avevano assunto caratteri iniziatici e misterici, tanto da far pensare a comunità religiose (basti considerare le scuole pitagoriche). Lo stesso Aristotele, fondatore del Liceo, preparava per i suoi allievi degli scritti che sono stati definiti non a caso "esoterici", cioè scritti che potevano essere compresi solo da discenti iniziati. Oggi parleremmo di conoscenze e competenze disciplinari specifiche. Chi non possiede quelle competenze e quelle conoscenze non può veramente accedere a quel campo del Sapere e non può favorirne il progresso. Insomma: andreste a farvi curare da un medico che non esibisca un bel titolo di laurea e specializzazione? Fareste progettare un aereo a chi non ha specifiche competenze e specifici titoli in campo ingegneristico?

Questa è la dimensione necessariamente "esclusiva" del sapere e della scienza, che esige professionisti capaci e competenti, sebbene questi a volte possano cedere alla tracotanza o a interessi particolari (e quindi diventare più simili a sacerdoti che a esperti o scienziati, fomentando così l'immagine dello "scienziato pazzo" o delirante, superbo e pericoloso). Ma è proprio Aristotele a mostrarci l'altra faccia della medaglia; il filosofo stagirita, infatti, oltre ai testi esoterici per i suoi allievi, ha scritto altri testi, che egli stesso ha denominato "essoterici", e cioè destinati al pubblico. Potremmo considerarlo il primo tentativo storico di divulgazione filosofico-scientifica per una utenza non specialistica. E quale sarebbe la funzione della divulgazione del sapere ai non addetti ai lavori?

Il punto è questo: la conoscenza in generale e quella scientifica in particolare non devono essere territorio esclusivo di circoli chiusi o di caste. Ciò non vuol dire che chiunque possa o abbia il diritto di mettere bocca in questioni sulle quali non ha adeguate e comprovate conoscenze. Vuol dire, invece, promuovere un percorso di alfabetizzazione delle masse al linguaggio filosofico e scientifico, al linguaggio della razionalità e del pensiero critico. E devono essere i filosofi e gli scienziati per primi a esserne fautori (dentro e fuori dalle scuole e dalle università), evitando appunto atteggiamenti di superiorità, ed evitando di mistificare per fini personalistici e/o ideologici i fondamenti stessi del pensiero razionale e scientifico.

Seguendo l'ideale illuminista, oggi più che mai necessitiamo di un autentico potenziamento della cultura scientifica in seno alla popolazione...

(continua)

Riferimenti essenziali:
Carlo Sini, I filosofi e le opere, Edizioni Principato, Milano 1979.
Mary Shelley, Frankenstein, Mondadori, Milano 2018.
Karl Popper, Logica della scoperta scientifica, Einaudi, Torino 2010.
Luca Bandirali, Enrico Terrone, Nell'occhio, nel cielo - Teoria e storia del cinema di fantascienza, Lindau, Torino 2008.
Domenico Sivilli, Il mito di Prometeo: disobbedienza, dono e ordine politico, ISLL Papers 2015, Università di Bologna
Thomas Kuhn, La struttura delle rivoluzioni scientifiche, Einaudi, Torino 2009.


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